Cavalcare in armonia - Centro Ippico Montemario
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Cavalcare in armonia

Cavalcare in armonia

“Due giornate formative con Sergio Matteoni, istruttore certificato Parelli tre stelle”

 

La comunicazione in sella tra cavallo e cavaliere, per essere in sintonia, sentire i movimenti del cavallo e influenzarli in modo naturale: sono questi gli argomenti dello stage che si è tenuto il 15 e 16 aprile al Centro Ippico Montemario di Roma, nella splendida cornice della Riserva Naturale omonima.

Il corso, che è andato sold out in pochi giorni, ha suscitato un grande entusiasmo da parte di tutti i partecipanti divisi tra auditori e 9 amazzoni, che si sono messe alla prova con i rispettivi cavalli. L’occasione ci ha permesso di conoscere e scambiare quattro chiacchiere con il docente del Programma Parelli, Sergio Matteoni, non solo un uomo di cavalli, ma uno studioso raffinato e a “tutto tondo”, dalla mente aperta e vivace. Perciò la mia curiosità mi ha spinto a formulargli un’intervista spontanea, corposa e godibilissima per raccontarne la storia e la mission.

 

1) Quando hai deciso che la tua passione dovesse diventare un mestiere?

Bella domanda: Diciamo che, inizialmente, come sempre, è iniziato come un gioco. Però presto, praticamente, 6/7 anni dopo che avevo iniziato ad appassionarmi a montare e soprattutto ad addestrare i cavalli, quindi intorno al 1996, ho cominciato veramente a sognare di poterlo fare di mestiere. Chiaramente sapevo che la strada era lunga e che avrebbe richiesto del tempo. Io per fortuna all’epoca lavoravo in IBM e potevo prendermi tutto il tempo che volevo e costruire un passo dopo l’altro quello che avrei voluto fare. Poi quando mi sono approcciato nel 2006 al programma Parelli, lì veramente ci ho cominciato a credere, perchè sentivo che utilizzando questo programma avrei potuto fare veramente quello che a me piaceva di più, cioè aiutare i cavalli. E, di conseguenza, per aiutare i cavalli, dovevo aiutare le persone a capire i cavalli. E quindi potrei dire intorno al 2007/2008/2010 ho cominciato veramente a mettere tutto me stesso nel programma per poi cercare di diventare istruttore. La decisione finale è stata presa intorno al 2011. Alla fine del 2011 ho detto: Ok, ce la posso fare, e da lì, poi, dopo, è stato tutto in discesa… no! E’ stato tutto in salita! Però ero molto determinato, molto convinto, molto deciso, ed ecco che, 6 anni dopo, si è avverato il mio sogno di diventare Istruttore Parelli. Anche se ovviamente erano già tanti anni che insegnavo già nel mio maneggio. L’ho aperto nel 2011 e ci lavoravo mentre continuavo a lavorare nell’informatica, a quel punto con un’azienda mia, e poi a fine 2013 ho lasciato per dedicarmi esclusivamente ai cavalli.

 

2) Perché tra i tanti metodi di addestramento naturale hai scelto Parelli Horsemanship?

Ho scelto il metodo Parelli per una decisione razionale. Quando nel 2006 decisi che volevo cambiare approccio con i cavalli, feci un’analisi accurata, come fa parte del mio carattere, delle varie possibilità, delle varie strade che potevo seguire ed esplorare, e sinceramente non è che c’erano molti programmi ben fatti all’epoca. Fondamentalmente c’era Monty Roberts e Parelli. E scelsi Parelli perché mi piaceva l’idea di avere un programma didattico curato, fatto da professionisti veramente competenti che erano riusciti ad organizzare tutto quello che era all’epoca il sapere di Pat Parelli in una maniera che fosse facile da insegnare alle persone: questa era la cosa che mi aveva colpito. Era tutto organizzato, tutto spiegato nei dettagli, ogni cosa si raggiungeva con un processo ben preciso, e quindi per me, per il mio carattere, per il mio modo di imparare, era molto più facile seguire un programma del genere piuttosto che magari andare dal “guru” di turno e cercare di capire quello che diceva o quello che voleva insegnarti, ammesso che fosse stato bravo ad insegnarti… L’altra cosa che mi piaceva del Programma Parelli è che c’erano tanti istruttori, che erano stati formati da Parelli stesso, che avevano conseguito delle certificazioni, e questo mi dava la sicurezza che andando ad imparare da queste persone, formate e certificate da Parelli stesso, io avrei appreso esattamente come se davanti a me ci fosse stato Pat Parelli a spiegarmele. Questo mi dava una certa sicurezza. Anche il fatto che ci fossero più insegnanti. Noi sappiamo che a volte non è che l’istruttore che abbiamo di fronte non sa oppure non è bravo ad insegnare, ma semplicemente noi non siamo la persona giusta per imparare da lui. E quindi avere la possibilità di cambiare e magari andare da un altro istruttore che, sì, è vero, ci racconterà le stesse cose, ma in una maniera che per noi è più facile da imparare, più piacevole o ci troviamo meglio come pelle, come persona, come energia, per me era un valore aggiunto quello di avere più fonti da cui andare ad imparare, anche nel prosieguo della mia storia all’interno del programma Parelli: io ho iniziato con una persona, poi ho continuato con un’altra, poi con altre ancora, e via e via e via, E questo mi sembrava importante.

 

3) Ti senti un “Sussurratore” o un “Istruttore”?

Diciamo che io non mi sento né un Sussuratore né un Istruttore, io mi sento un apprendista sussurratore e un apprendista istruttore. Perché, secondo me, le cose sono molto legate: se uno non è bravo con i cavalli, è difficile che possa essere bravo ad insegnare. E quel detto che si sente dire a volte “chi non sa fare insegna” nei cavalli secondo me non si applica perché è difficile essere un bravo istruttore che sa trasmettere certi concetti se non li ha nelle mani, non li ha nella testa, non li ha nelle gambe, non li ha nel suo corpo, non li ha provati su più cavalli. Perché prima di tutto per essere chiari ad insegnare dobbiamo aver chiaro noi certi concetti, certe modalità di comportamento in determinate situazioni, azioni da compiere e via dicendo. Quindi non credo che siano separabili queste due cose, è vero il contrario: si può essere sussurratori, cioè bravi, bravissimi addestratori mentre non siamo istruttori. Però essere un istruttore senza essere anche un bravo addestratore… mmmh.. non la vedo proprio facile facile. Io, ripeto, non mi sento né uno né l’altro: io ho ancora tantissimo da imparare per diventare un bravo sussurratore e altrettanto da imparare per diventare un bravo istruttore. Almeno, nella mia testa è così, ed è quello che mi spinge ad imparare sempre e continuamente e a confrontarmi sempre e continuamente con professionisti super top nell’equitazione.

 

4) Quanti cavalli e cavalieri hai visto cambiare grazie al metodo Parelli?

Beh riuscire a dare un numero è complicato. Posso dirti che faccio più o meno dai 35 ai 40 corsi l’anno. In ogni corso abbiamo una media di decina di persone tra quelli che vengono con il cavallo, altri senza cavallo, a volte più, a volte meno. E questo lo faccio ormai da anni. Quindi posso dirti che all’interno di un anno fai una media di 400/500 persone che vedo passare. Di queste più della metà sono new entry, quindi persone che arrivano e che rimangono nel programma ma che transitano davanti a me, poi magari dopo vanno da qualche mio collega, poi ritornano. Quindi è un po’ un mescolume…

Però di queste persone, quindi si parla di centinaia di persone, ne ho viste veramente tante cambiare. Ma cambiare loro come persona, oltre che poi, ovviamente, anche i loro cavalli. Se ti dovessi dare una percezione di quantità, il cambiamento è sulla quasi totalità di queste persone. Ovviamente ognuno di loro a livello diverso, diciamo un grado diverso di cambiamento, però, sicuramente sì. Sicuramente veramente tantissimi ma… No, il 100% non si può dire… Non si dice mai (sorride), però mettiamo un 70% di questi, e fai te il conto.

 

5) C’è qualche cavallo o qualche allievo che non sei riuscito ad aiutare ed hai rinunciato oppure che ha necessitato molto tempo?

Sicuramente sì, senza esitare, perchè purtroppo ci sono persone che non riescono magari a dedicare tutto l’impegno e lo sforzo necessario per cambiare prima se stessi e poi di conseguenza il cavallo che hanno. E alcune di queste non le puoi seguire a lungo semplicemente perchè non si vogliono far seguire. Faccio un esempio: vengono ad un corso, vedono che c’è un cambiamento, magari continui anche successivamente a sentirle, a seguirle, magari le vedi anche ad un secondo corso, però poi arrivano ad un punto che lo sforzo e l’impegno che devono metterci è grande, troppo grande per loro o le priorità cambiano, non possono più dedicarci il tempo e l’impegno che volevano, e di conseguenza non arrivano al risultato finale. Di solito non lascio gli studenti io. Se loro perseverano io sto al loro fianco. Uno dei motivi per cui lascio una studente è perché lui non vuole essere più aiutato. Questo sì, può accadere e mi dispiace molto. Però anche durante la nostra formazione come istruttore Parelli ci hanno insegnato a non fare mai “Extra Miles”, ossia non dobbiamo andare a rincorrere quegli studenti che non vogliono essere aiutati, perché prima di tutto deve venire da loro la volontà e la forza di mettersi in gioco. Noi possiamo solo essere un supporto esterno che li aiuti in questo percorso.

 

6) Quanti allievi che aspirano a diventare Istruttore Parelli “ce la fanno”?

Pochi. Devo dire che la percentuale è molto bassa, perché purtroppo il percorso è abbastanza articolato e poi c’è lo sbarramento che richiede di andare negli Stati Uniti per fare almeno i 3 mesi obbligatori del corso istruttori. Per cui, tante persone che magari arrivano al 4° livello e che potrebbero essere degli ottimi candidati per fare il passaggio successivo, quindi fare l’esame di selezione per andare a fare il corso istruttori si trovano davanti allo sbarramento che è importante. Non solo per un discorso economico o di tempistiche, perché comunque andare via tre mesi da casa è una cosa che non tutti si possono permettere e non tutti si possono permettere in qualsiasi momento della loro vita. Ma oltre a questo c’è anche un discorso di lingua: noi italiani, nonostante che in questo momento, siamo una nazione con più istruttori in Europa, siamo quelli che conoscono meno l’inglese. Quindi c’è un doppio sbarramento: il fatto di andare via 3 mesi da casa in una nazione come l’America e poi c’è il discorso della lingua. Quindi.. pochi! Magari tanti vorrebbero, solo alcuni riescono ad avere i prerequisiti per poter accedere al corso da istruttori e di questi solo una piccolissima parte decidono di fare il passaggio successivo. Direi che siamo nell’ordine dell’1%, forse anche meno, degli studenti che aspirano a diventare istruttore che poi realmente arrivano ad esserlo.

 

7) Quanto hai investito in tempo e in risorse economiche per arrivare dove sei oggi?

Domanda facilissima. Ho impiegato, da quando ho iniziato a studiare Parelli, circa 17 anni. E come risorse economiche sono tranquillamente sopra gli ottantamila euro, ad oggi.

 

8) Un buon libro, la tv, o la bella musica?

Un buon libro con un sottofondo di musica jazz.

 

9) Potendo avere un macchina del tempo, quando cominceresti questo viaggio?

Non cambierei nulla del mio passato. Se avessi una macchina del tempo la lascerei lì da una parte, spenta. Se guardo indietro la mia vita, nelle varie fasi che ho vissuto, vale la pena di viverla come l’ho vissuta. Non ho nessun rimpianto e nessun rammarico, e non vorrei iniziare questo viaggio prima di quando l’ho iniziato. Non sarei stato pronto, magari non sarebbe stata la stessa cosa.

 

10) Cosa devi ai cavalli?

Posso dire che ai cavalli devo veramente tutto. Mi hanno accompagnato in una gran parte della mia vita, perché ho iniziato a stare nel mondo dei cavalli che avevo 20 anni. Adesso ne ho 54, quindi per 34 anni sono sempre stato a contatto con loro e sono sempre stati presenti nella mia vita in varie maniere, in vari gradi. Mi hanno forgiato in tutto e per tutto, soprattutto poi negli ultimi 17 anni, quando ho iniziato a studiare il programma Parelli hanno fatto sì che io facessi un’esplorazione profonda nel mio essere. Quindi ho cambiato una miriade di cose di me stesso, o almeno ci ho provato a cambiarle. E sicuramente posso dire che sono una persona migliore di come lo sarei stata se non avessi avuto i cavalli intorno a me.

 

Scritto da Alessandra Pirro

Resource:
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