Vivere il cavallo all'insegna dell'armonia psicofisica | Di Alessandra Pirro - Centro Ippico Montemario
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Vivere il cavallo all’insegna dell’armonia psicofisica | Di Alessandra Pirro

Vivere il cavallo all’insegna dell’armonia psicofisica | Di Alessandra Pirro

“Troppo spesso si fa confusione tra equitazione naturale e gestione naturale.”

 

In realtà i due concetti sono complementari. Quando si pratica un addestramento di tipo naturale, le attività in sella o da terra sono il più possibile allineate alla conservazione del suo status originario. Se pur quindi domato e poi divenuto domestico, se ne salvaguarda l’essenza, mantenendo ferme alcune necessità. La gestione naturale perciò comprende un sistema di buone abitudini e di attenzioni che aiutano l’animale a soddisfare tutte le sue esigenze, fisiologiche, ma anche emotive, ove il fattore psicologico è espressione di quello comportamentale. L’alimentazione equilibrata, il libero movimento in termini quantitativi e qualitativi, il riposo e il sonno autogestiti, la socializzazione con un branco di suoi simili o con il suo leader umano, la termoregolazione e, talvolta, il piede scalzo, sono le principali declinazioni della gestione naturale. Più tutti questi elementi saranno bilanciati tra loro, migliore sarà non solo l’aspetto fisiologico, ma anche la performance, dettata da un migliore stato psicologico.

L’equitazione naturale s’inserisce in questo contesto, quale somma di modelli acquisiti, recepiti e sviluppati da cavallo e cavaliere nell’arco di centinaia di anni.

La sua nascita si colloca a fine Settecento allorchè i colonizzatori spagnoli fecero approdo nelle Americhe, in quelle terre sconfinate nelle quali l’unico vero sostentamento era l’allevamento del bestiame e il cavallo lavorava per e con l’uomo nello svolgimento di quelle mansioni. Addomesticare i cavalli era quindi necessario, ma per i Vaqueros era diventato rutinario e quasi noioso. Perciò essi iniziarono a praticare un sistema di addestramento che, pur ricalcando la disciplina spagnola, ne ammorbidiva di molto l’approccio. Si affinarono tecniche prive di dominanza e sopraffazione, basate sull’osservazione del branco, con la cattura dei capi senza uso di strumenti coercitivi o cruenti. All’inizio il metodo naturale era solo appannaggio di una piccola cerchia di addetti ai lavori che vivevano nell’attuale California, finchè nella prima metà del ‘900, ebbe diffusione in tutti gli Stati Uniti grazie alle dimostrazioni di un famoso horseman di nome Tom Dorrance, che ebbe come spettatori un gran numero mandriani o semplici appassionati incuriositi da questa specialità. Da allora è stato un susseguirsi di successi popolari, sino ad arrivare ai giorni nostri, in cui questa metodologia è ormai largamente praticata e i suoi principi vengono spesso presi ad ausilio anche nell’addestramento tradizionale.

Quali sono i fondamenti dell’equitazione naturale? Il rapporto è in primo piano: pensare come un cavallo, mettersi dalla sua parte, non agire come un predatore, sono tutti i fattori che permettono di fondare una relazione basata su una comunicazione non verbale fatta di fiducia reciproca, il cui risultato sarà un cavallo CON-VINTO e NON VINTO! Questa confidenza si instaura mediante la sicurezza e il comfort, senza avere fretta, in modo tale da creare la situazione ottimale per l’apprendimento, che inizierà dando poche indicazioni alla volta, ma che siano semplici e chiare. E la chiave dell’insegnamento è fare ciò che tutti i cavalli fanno in natura, ossia esercitare “pressione e rilascio” in ogni azione, anche quella più banale, che per noi, ad esempio, può equivalere a mettere la capezza. In un branco, infatti, ogni soggetto afferma il suo ruolo o la sua autorità attraverso giochi di dominanza nei confronti degli altri, mettendo o togliendo pressione con utilizzo di una scala di “avvertimenti”, dal più blando (sguardo, orecchie, postura, dentatura, voce), fino a quello più estremo e raro (lo scontro fisico). Il cavaliere o l’addestratore non riproducono altro che questo: fanno una “richiesta” esercitando una pressione di tipo ritmico o di tipo costante, creando una situazione “scomoda” per il cavallo. Non appena il cavallo “cederà” a tale pressione dando la risposta voluta, si tornerà “neutrali” ristabilendo la situazione precedente alla richiesta. Ma questo fondamento è figlio di un’attenta osservazione e insegna al cavallo non tanto ciò che sia giusto o sbagliato secondo il nostro punto di vista, quanto sia comodo o scomodo per lui. La capacità sta quindi nel rendere difficili e sconvenienti le cose sbagliate e facili e comode quelle giuste. Possiamo quindi affermare che l’equitazione naturale non significa montare senza redini, a pelo, in mezzo alla natura, non mettere l’imboccatura, avere il cavallo scalzo o tenerlo in paddock piuttosto che in box. Il concetto va al di là di queste suggestioni. È una filosofia di vita, un’immagine più profonda e romantica che ci accompagna in tutto quello che facciamo varcati i cancelli del maneggio: sta nella cura e considerazione dell’animale, ma anche nella difesa di quel rapporto che abbiamo instaurato con il tempo e tanta dedizione. I movimenti, i respiri, le palpebre, gli sguardi, dovranno diventare unisoni e, come per magia, il dialogo sarà fluido, comprensibile e incorruttibile… La giusta condotta, quando sarà diventata parte di noi, ci premierà anche nella vita quotidiana.

Quanto tempo occorre per arrivare al traguardo finale? Il celeberrimo horseman Pat Parelli dice: “ Date al cavallo tutto il tempo e ci vorrà meno tempo!” Dipenderà da noi, dalla conoscenza, intuito, pazienza, dalla nostra leadership e dal nostro amore.

Articolo di Alessandra Pirro

Resource:
https://issuu.com/engea/docs/rivista_cavallo_libero_-_dicembre_2022/s/17687510